IL VIAGGIO NEL TEMPO DI LEONILDO
Leonildo Bocchino, come tutti i veri Artisti, riesce a captare percezioni aldilà del mondo reale, che è invece familiare agli altri esseri umani.
Leonildo è capace di percepire dal colore vibrazioni che colpiscono i suoi timpani e diventano musica.
Leonildo viaggia in dimensioni parallele a quella degli altri mortali e riesce a raccontare a questi ultimi emozioni che non avrebbero mai pensato di provare.
L’ultima avventura pittorica di Leonildo è un viaggio a ritroso nel tempo.
Ponendosi davanti all’Arco di Traiano di Benevento, ha trovato un “portale”, l’ha attraversato e, viaggiando a ritroso nel tempo per circa 2000 anni, è approdato all’anno 117 d.C., l’anno dell’inaugurazione dell’Arco.
E ha trovato un mondo a colori, un mondo nel quale monumenti, bassorilievi, statue – sia bronzee sia marmoree – erano tutti a colori, colori che poi li hanno protetti per secoli.
Leonildo ha così dipinto 16 pannelli dell’Arco con i colori originari; poi ha nuovamente varcato il “portale” e, viaggiando nel tempo per circa 2000 anni, è tornato all’oggi per mostrarci ciò che non avevamo mai visto né immaginato: il passato a colori.
(Mario Collarile)
LEONILDO BOCCHINO
LUCI E COLORI DELL’ARCO DI TRAIANO DI BENEVENTO
Leonildo Bocchino è un artista che da sempre è impegnato nella valorizzazione del patrimonio artistico e culturale del territorio. La sua pittura spazia dalla rivisitazione dell’Archeologia a alla interpretazione pittorica delle opere musicali classiche e moderne. La sua forza creativa e comunicativa si estrinseca in più direzioni.
Dopo l’interpretazione dell’arte etrusca, la rivisitazione dell’arte pompeiana, la sua immersione nella cultura e civiltà dei Sanniti, si impegna, con questa mostra, con tutto il suo entusiasmo giovanile, nella interpretazione del monumento più importante della romanità in città.
Già in occasione di un convegno internazionale promosso dall’Università Telematica “G. Fortunato” sull’Arco di Traiano egli volle essere presente con una assoluta novità: quella di proporre alcune scene del Monumento Beneventano a colori. Non cercando di riprodurre le scene e i personaggi dell’Arco così come probabilmente era colorato all’origine, ma con un cromatismo moderno e emozionante. Oggi, dopo un impegno titanico come è nel suo stile, Bocchino si presenta al grande pubblico con una interpretazione dell’Arco tutto a colori.
La personalità forte di Leonildo si concretizza sulle tele con un cromatismo avvolgente ed emozionante.
Egli da Genius Loci, “spirito guida del luogo che sovrintende alla protezione e tutela del territorio”, non ha tralasciato lo studio puntuale e la accurata valorizzazione del patrimonio artistico di Benevento, soprattutto del monumento simbolo della città che è l’Arco dedicato a Traiano.
Ha studiato con grande impegno tutti i personaggi delle scene dei pannelli del monumento cittadino. Cosa non semplice.
Ma egli è mosso da una “curiositas” adolescenziale che ne fa un protagonista di soluzioni figurative e cromatiche nuove ed irripetibili. Le sue tele diventano pagine di storia colori sfavillanti ed esaltanti.
L’uso dei blu, dei rossi, dei gialli, l’utilizzo del Giallo Oro per realizzare una sorta di aureole laiche per gli eroi della romanità fanno di queste opere una sorta di interpretazione tutta originale.
La sua opera è quasi una introspezione psicologica delle figure attraverso l’uso del colore. Una romanità che diventa viva e vivace nella sua proiezione di modernità.
Ma vediamo in quale mondo e civiltà si è dovuto immergere per affrontare la sua “fatica”. Un mondo in cui la latinità costituisce il filo di Arianna per muoversi in questo “labirinto” della cultura di Roma antica.
L’arco di Benevento dedicato a Traiano dal Senato e dal Popolo Romano costituisce un patrimonio artistico e culturale unico al mondo.
Esso è un panegirico di pietra, non solo di un imperatore e di un popolo, ma di un’intera civiltà.
Le sculture, sul piano stilistico, realizzano una fusione tra il levigato classicismo greco e un naturalismo tutto latino.
Lettura complessa, perché per comprenderne il messaggio di propaganda ideologica che il monumento contiene, bisogna entrare, con cautela e attenzione, nel mondo della comunicazione romana, che era anche, e soprattutto, comunicazione per immagini.
Immagini che mutuano dall’arte greca lo stile e le coordinate artistiche.
L’immagine per Roma doveva trasmettere il messaggio, anche se solenne, immediato. A tutti. Intellettuali e popolo. Comunicazione rapida ed efficace.
Linguaggio accessibile. Senza difficoltà.
La cultura romana, pur nella sua complessità e raffinatezza, era cultura del popolo e per il popolo.
La comunicazione era intesa come processo di condivisione e compartecipazione di fatti ed eventi.
Il consenso come fonte di democrazia. Ieri come oggi.
L’Arco di Benevento contiene, infatti, immagini di cronaca che diventano storia.
Un’iconografia come fonte documentale della storia romana e della sua civiltà.
Partendo da siffatte premesse, la lettura del monumento romano della città sannita, deve avere coordinate culturali proprie della civiltà latina.
Come già detto, lettura semplice e complessa nello stesso momento.
Il fregio descrive, con ben 180 figure, il trionfo di Traiano celebrato a Roma dopo le due vittorie sulla Dacia.
Le varie scene dei pannelli delle due facce narrano l’attività politica e militare di Traiano.
Una folla di immagini senza paragoni.
Il monumento, infatti, contiene ben 580 sculture.
L’arco è, dunque, testimonianza di un’ampia e articolata cultura di Roma.
Politica interna, politica sociale, la polemocrazia, (la guerra come potere politico e culturale) la politica estera con la conseguente romanizzazione del mondo di allora, la religione, vista nei suoi aspetti del “Mos Maiorum”, il senso della natura, descritto nelle scene dei pannelli, sono un complesso e affascinante mondo da interpretare.
Nell’arco di Benevento vi è una commistione di dei ed eroi, di vincitori e vinti, di Patres Conscripti ed Equites, di Patrizi e Plebei, di uomini di armi e uomini di commercio. Vi è Traiano come Pontifex. Vi sono gli addetti al culto, candidi tori stolati. Popolo e bambini, piante di peri, di querce, di ulivi, di animali come cavalli, muli e cani sono il mondo variegato che pullula in questo monumento di pietra.
Un mondo vario che vive al di là del tempo e dello spazio.
Personaggi che sopravvivono alle intemperie della Storia.
La presenza di numerosissime divinità fa dell’Arco una sorta di Panteon fuori dall’ “Olimpo” di Roma, conferendo al monumento una sacralità di altri tempi.
Leonildo Bocchino si è mosso con maestria in questo mondo complesso ed in questa pletora di personaggi di varia umanità.
Con una sorta di magia artistica egli è riuscito a dare nuova vitalità a personaggi che da circa 2000 anni attendono ancora una tutela e una protezione.
Il riconoscimento di PATRIMONIO DELL’UMANITA’.
Luigi Meccariello
Traiano: imperatore di facinorosa cromia
«Ella sarà sempre più venerabile e venerata nei secoli avvenire», con queste parole Giovanni De Nicastro nel XVIII sec. descrive il futuro splendore de la «gran mole» di Benevento, ossia l’Arco di Traiano. La profetica citazione non è stata ancora smentita, poiché l’Arco a distanza di millenovecentodieci anni dalla sua prima posa (114 d.c.), è tra le meraviglie celebrative meglio conservate al mondo del genio artistico romano. Dedicato all’imperatore Traiano per l’apertura dell’omonima via a lui intitolata (via Traiana), il monumento è indenne dalle fatiche e dalle furie del tempo, e rappresenta non solo il trionfo dell’imperatore ma anche dell’immenso impero che guida.
La struttura dell’Arco di Trionfo – come normalmente accade per tali tipologie commemorative – si presenta di altezza 15,60 m. e larghezza 8,60 m., pertanto impattante nell’occhio del visitatore. Ogni facciata ha quattro semicolonne negli angoli che sorreggono la trabeazione, con un solo fornice dalla volta a botte. Il materiale utilizzato è costituito da blocchi di pietra calcarea, rivestiti a loro volta da blocchi di marmo pario. La preziosa decorazione scultorea rende la «gran mole» disarmante per la bellezza, con entrambe le facciate fittamente invase di scene (lette dal basso verso l’alto), che narrano le gesta dell’imperatore e della sua magniloquenza. I pannelli esaltano la grandezza di «Cesare, figlio del divo Nerva, Nerva Traiano Ottimo Augusto Germanico Dacico, pontefice massimo» – come si legge nell’iscrizione dell’attico – uno degli imperatori romani considerato di grandissime doti e capacità amministrative e strategiche, uno statista completo, l’Optimus princeps, ossia il migliore imperatore.
Siffatto monumento artistico entusiasma da circa duemila anni l’occhio dell’astante, che incredulo della sua pompa ne loda gli splendori.
In egual misura Leonildo Bocchino, figlio della terra di Traiano, ossessionato dalla bellezza scultorea dei vuoti e dei pieni delle figure dell’Arco, ha inteso restituire attraverso la sua mostra “Arco Traiano a colori”, quell’incanto imponente. La serie si presenta come un arazzo multicromico sul quale sono dipinte le scene dei pannelli dell’Arco di Traiano. Bocchino, sceglie i pannelli più caratteristici, nonché i particolari che suscitano commozione, dando vita ad una personale tematica dedicata. La fascinazione ispirata dagli imponenti gruppi scultorei sono emozioni create sull’arte stessa, un manufatto che è già di per sé un oggetto artistico ma che viene destrutturato, decontestualizzato e vissuto in altra misura: con ambizione, Bocchino, sfida l’arte attraverso l’arte. Il risultato è un’azione performativa visiva che coinvolge chi osserva, poiché conscio dell’originale scultoreo ma sbalordito dalla rifunzionalizzazione che l’artista di oggi ne fa.
Il pensiero poetico-pittorico di Bocchino è rivolto sino dai suoi primi lavori, alla ricerca del colore: colore che è materia, colore che è volume. Nel caso in oggetto è evidente lo studio compiuto sulla cromia, poiché le campate infinite di blu, gialli, rossi, sono scolpite, più che dipinte, così da creare plasticità di luce materica.
Tra le opere esposte, la Divinità del Danubio, una scultura che si trova nella chiave di volta dell’Arco, ma nel lavoro di Bocchino diventa una figura quasi dormiente, appoggiata tra panneggi di onde di mare dai colori screziati del blu della calma, delle profondità oceaniche, del silenzio onirico di pace, che si tinge di bianchi immacolati vestiti di giallo oro. Il blu cede il passo al rosso imperiale e violento della Pacificazione dei germani, in cui le figure mozze dei protagonisti si scompongono nella loro olimpica virtù caricaturale, dominate da uno sfondo magniloquente di fiamme amaranto-ciliegia-cremisi che ritrovano la pace cromatica nella loro sintesi con il giallo oro. L’Ingresso di Traiano a Roma è un vivido rosso sangue, presagio forse di morte, ma nello stesso tempo con il carminio profondo, l’artista, vuole invadere il pensiero dell’Imperatore, il quale, a sua volta, si salva – ancora una volta – solo grazie all’oro di un giallo che è già Impero.
In tutto sedici tele che narrano l’arte attraverso l’arte. Il percorso è fatto di luce e colore, ma anche di forme. Quelle forme che Bocchino, spesso, scientemente ‘de-forma’, generando altro. La massa dei corpi torniti diventa a tratti pinguedine boteriana, sino a mutare in volumetrie dechirichiane; tale incostanza formale è dovuta alla cromia utilizzata, che, come accennato, plasma la bidimensionalità dei corpi romani.
La cromia facinorosa di Bocchino non impensierisce la compostezza apollinea delle sculture dell’Arco, anzi, la rende forza attuale, giocando con l’identità cromatica del Novecento, poiché i colori accesi extra-vaganti e spregiudicati sono figli degli anni Sessanta e Settanta vissuti dall’artista. Quella magia lontana frammista di ieri e di oggi, si trasforma in energia virulenta, imponendo al fruitore uno sforzo emotivo a tratti abbacinante, catapultandolo in una realtà multisensoriale dove pittura scultura colore fondendosi tra loro mostrano la loro vera identità di vita.
Vieni a trovarmi presso lo Studio d'Arte a San Giorgio del Sannio. Solitamente mi trovi impegnato tra tele e colori ma non ho un orario definito e quindi ti chiedo di contattarmi per fissare un incontro.